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Archive for giugno 2008

L’EUROPA CHE EMIGRAVA

 

Al centro del dibattito sulla sicurezza, mentre il Governo italiano si azzuffa sulla ridefinizione del reato di clandestinità il presidente della Bolivia Evo Morales Ayma scrive ai governi europei a proposito della Direttiva “rimpatrio”. E ricorda quando erano gli europei a migrare, in America del Nord e in America Latina. Vi riporto quindi integralmente il testo di questa lettera, che credo nessuna delle maggiori testate abbia pubblicato, una lettera che andrebbe invece letta persino nelle scuole in quanto grande lezione di civiltà da parte di un indio al vecchio Continente, che della civiltà si è dimenticato essere stato la culla.

 

LETTERA DI EVO MORALES ALL’EUROPA

 

Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa fu un continente d’emigranti.  Decine di milioni di europei partirono verso  l’America per colonizzare, sfuggire alla miseria, alle crisi finanziere, alle guerre, ai totalitarismi europei ad alle  persecuzioni inflitte minoranze etniche.

 

Oggi, sto seguendo con molta preoccupazione il processo d’approvazione della cosiddetta «direttiva rimpatrio».  Il testo, convalidato lo scorso 5 giugno dai Ministri degli interni dei 27 paesi dell’Unione Europea, dovrà essere sottoposto al voto del Parlamento Europeo il 18 giugno.  Ho l’impressione che questa direttiva indurisca in maniera drastica le condizioni di detenzione e d’espulsione degli emigranti senza   documenti, indipendentemente dal loro tempo di permanenza nei paesi europei, dalla loro condizione lavorativa, dai loro legami familiari, dalla loro volontà  d’integrazione e dal raggiungimento della stessa.

  

Gli Europei giunsero in massa nei paesi latino americani ed in America settentrionale, senza visto e senza alcuna condizione imposta dalle autorità. Furono sempre i benvenuti e continuano ad esserlo, all’ interno dei nostri paesi del Continente Americano, che assorbirono  la miseria economica dell’ Europa e le sue crisi politiche. Vennero al nostro Continente a sfruttare le ricchezze locali e trasferirle in Europa, con altissimo costo per le popolazioni originarie d’America.  Come nel caso del nostro Cerro Rico di Potosi e delle sue favolose miniere d’argento che permisero di dare massa monetaria al Continente  Europeo dal secolo XVI fino allo XIX. Le persone, i beni ed i diritti dei migranti europei furono sempre rispettati.

  

Oggi l’Unione Europea é la destinazione principale degli emigranti di tutto il mondo, fatto questo dovuto alla sua immagine positiva di spazio di prosperità e di libertà pubbliche. La stragrande maggioranza dei migranti giunge nell’Unione Europea per contribuire a questa prosperità, non per approfittarsi.  Svolgono i lavori nelle opere pubbliche della costruzione, nei servizi delle persone e negli ospitali, lavori che non vogliono svolgere gli europei.  Contribuiscono al dinamismo demografico del continente europeo, a mantenere le relazioni tra attivi e inattivi che fanno possibili i suoi generosi sistemi di sicurezza sociale e fanno diventare dinamico il mercato interno e la coesione sociale.  I migranti offrono una soluzione ai problemi demografici e finanziari dell’Ue.

  

Per noi, i nostri migranti rappresentano l’aiuto allo sviluppo che gli Europei non ci concedono, dato che ben pochi paesi raggiungono realmente il minimo obiettivo dello 0,7% del suo prodotto interno lordo nell’aiuto allo sviluppo. L’America Latina ha ricevuto nel 2006 68.000 milioni di dollari in bonifici, in altre parole più del totale degli investimenti stranieri nei nostri paesi.  A livello mondiale raggiungono 300.000 milioni di dollari, che superano i 104.000 milioni concessi per la cooperazione allo sviluppo. Il mio paese, la Bolivia, ricevette rimesse superiori al 10% del proprio PIL (1.100 milioni di dollari) e pari a un terzo delle nostre esportazioni annuali di gas.

  

Questo significa che i flussi migratori sono benefici tanto per gli Europei ed in maniera marginale per noi del Terzo Mondo, dal momento che allo stesso tempo perdiamo contingenti di mano d’opera qualificata formata da milioni di persone nelle quali i nostri Stati, benché poveri, hanno investito in una forma o nell’altra importanti risorse umane e finanziarie.

  

Purtroppo, il progetto di “direttiva rimpatrio” complica terribilmente questa realtà.  Se concepiamo che ogni Stato o gruppi di Stati possono definire le loro politiche migratorie in piena sovranità, non possiamo accettare che i diritti fondamentali delle persone siano negati ai nostri compatrioti e fratelli latinoamericani.  La “direttiva rimpatrio” prevede la possibilità d’uno scarceramento dei migranti privi di documenti fino a 18 messi prima della loro espulsione o “allontanamento”, secondo il termine della direttiva. 18 mesi! Senza giudizio né giustizia! Così com’è oggi il progetto di testo della Direttiva, viola chiaramente gli articoli 2, 3, 5, 6,7,8 e 9 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.  Ed in particolare l’articolo 13 della Dichiarazione dice:

  

1.“Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2.“Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.”

  

E, cosa ancor peggiore, esiste anche la possibilità di incarcerare madri di famiglia e minori d’età, senza prendere in considerazione la loro situazione familiare o scolastica, in questi centri d’internamento nei quali come sappiamo vanno incontro a depressioni, scioperi della fame, suicidi. Come posiamo accettare senza reagire che siano concentrati  in campi compatriote e fratelli latinoamericani senza documenti tra i quali la gran maggioranza sta da anni lavorando ed integrandosi?  Da che parte sta oggigiorno il dovere di ingerenza umanitaria? Dove risiede la libertà di circolare e la protezione contro le detenzioni arbitrarie?

  

Allo stesso tempo l’Unione Europea cerca di convincere la Comunità Andina delle Nazioni (Bolivia, Colombia, Ecuador e Peru) a firmare un “Accordo d’Associazione” la cui natura ed il cui contenuto sono uguali a quelli imposti dagli Stati Uniti.  Siamo sottoposti ad una grande pressione da parte della Commissione Europea affinché vengano accettate condizioni di profonda liberalizzazione del commercio, dei servizi finanziari, della proprietà intellettuale e dei nostri servizi pubblici. Inoltre, a titolo della “protezione giuridica” siamo sottoposti a continue pressioni a causa del processo di nazionalizzazione dell’acqua, del gas e delle telecomunicazioni realizzato durante la giornata mondiale dei lavoratori. Chiedo, in questo caso: dove risiede la “sicurezza giuridica” per le nostre donne, gli adolescenti, i bambini ed i lavoratori che cercano orizzonti migliori in Europa?

  

Promuovere la libertà della circolazione di merce e delle finanze mentre di fronte vediamo incarceramenti senza giudizio per i nostri fratelli che cercano di circolare liberamente. Questo è negare i fondamenti della libertà e dei diritti democratici.

  

A queste condizioni, nel caso in cui la “direttiva rimpatrio” venga approvata, ci troveremmo nell’impossibilità etica di approfondire le negoziazioni con l’Unione Europea e ci riserviamo  il diritto di applicare nei confronti dei cittadini europei le stesse obbligazioni in materia di visti che vengono imposte a noi boliviani dal primo aprile 2007, sulla base del principio diplomatico della reciprocità. Non lo abbiamo esercitato fino ad ora nell’intento d’attendere giustamente dei segnali positivi da parte dell’Unione Europea.

  

Il mondo, i suoi continenti, i suoi oceani ed i suoi poli conoscono importanti difficoltà globali: il riscaldamento climatico, l’inquinamento, la sparizione lenta ma sicura delle risorse energetiche e delle biodiversità mentre allo stesso tempo aumentano la fame e la povertà in tutti i paesi, rendendo più fragili le nostre società. Fare degli emigranti, con o senza documenti, i capri espiatori di questi problemi globali non è una soluzione.

Non corrisponde a nessuna realtà. I problemi di coesione sociale che soffre l’Europa non sono imputabili agli emigranti ma sono il frutto del modello di sviluppo imposto dal Nord, che distrugge il pianeta e smembra le società umane.

                                                                             

A nome del popolo Boliviano, di tutti i miei fratelli del continente e delle regioni del mondo quali il Maghreb ed i paesi africani, mi appello alla coscienza dei leaders e dei deputati europei, dei popoli, dei cittadini e degli attivisti d’Europa, affinché il testo della “direttiva rimpatrio” non venga approvato. La direttiva, così come la conosciamo oggi, é una direttiva della vergogna. Invito anche l’Unione Europea a elaborare nei prossimi mesi una politica sull’immigrazione rispettosa dei diritti umani, che permetta il mantenimento di questo dinamismo vantaggioso per entrambi i continenti e che onori, una volta per tutte, il tremendo debito storico, economico ed ecologico che i paesi europei hanno con la maggior parte del terzo mondo, affinché chiuda, una buona volta, le vene ancora aperte dell’America Latina. Oggi, non potete fallire nelle vostre “politiche di integrazione” così come avete fallito nella vostra pretesa “missione civilizzatrice” al tempo delle colonie.

  

Ricevete tutti voi, autorità, europarlamentari, compagne e compagni i saluti fraterni dalla Bolivia.  Ed in particolare modo la nostra solidarietà a tutti i “clandestini”.

  

Evo Morales Ayma

Presidente della Repubblica Boliviana

 

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Caro Walter,

 

venerdì scorso a Fermo si è svolta l’Assemblea provinciale di Sinistra Democratica. Hanno partecipato una cinquantina di persone. A Macerata, grazie alla presenza di Claudio Fava, hanno raggiunto quasi un centinaio di presenze. In questi giorni, in tutta Italia, sono stati nominati i delegati che rappresenteranno ogni provincia all’Assemblea Nazionale di SD che si terrà a Chianciano Terme il 27-28-29 giugno. Centinaia di compagni avranno l’onore ed il piacere di rappresentare la propria provincia all’Assemblea di un piccolo movimento, che non sarà mai un partito, ma che ha l’aspirazione di contribuire alla costruzione di un nuovo soggetto politico che possa rappresentare una Sinistra unita e moderna in Italia. Tutti andranno con grande entusiasmo, pagandosi il viaggio, cercando un albergo a buon prezzo, togliendo tre giorni al proprio lavoro ed alla propria famiglia in un caldo weekend di giugno.

 

Caro Walter, leggo dal Corriere della Sera che venerdì scorso si è svolta l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico. Leggo che su 2.815 delegati ne erano presenti 863. Leggo che alcuni nomi eccellenti hanno motivato la loro assenza con argomentazioni imbarazzanti. Massimo Cacciari ha affermato che “sono il sindaco di Venezia ed ho cose più serie a cui pensare”; Gregorio Gitti ha dichiarato: “faccio l’avvocato ed il venerdì devo lavorare; e poi così non si può andare avanti con questa enorme spaccatura tra la base ed il gruppo dirigente…”. Ferzan Ozpetek non c’era, era a Taormina a seguire il Festival. Ha dichiarato: ”io sono un regista, non un uomo politico”. Evitiamo di chiederci quali fossero le motivazioni degli altri duemila assenti. Però qualche domanda tu, Walter, te la devi fare e qualche risposta ce la devi dare. Il popolo uscito dalle primarie del Partito Democratico  diserta al 70% un’assise nazionale così importante per negligenza, superficialità o dissenso politico?  

 

Caro Walter, stai pagando la politica dei “testimonial”, avendo portato dentro al partito nomi noti di chi fa politica per moda e non certo per passione, oppure è una risposta politica a chi nel PD ha cercato di far credere che il 14 Aprile non sia successo niente? Oppure sono vere entrambe?

 

Caro Walter, noi a Sinistra abbiamo tanti problemi ed abbiamo commesso tanti errori. Però di una cosa siamo orgogliosi: facciamo ancora politica con la pancia e con il cuore. Troviamo il tempo per partecipare a riunioni locali e nazionali. Mangiamo un panino ed andiamo a dormire in un B&B ma vogliamo confrontarci con i compagni delle altre zone d’Italia per capire dove abbiamo sbagliato, come non commettere più certi errori, quali sono i nuovi bisogni della gente, come dare voce ad  un’ esigenza di Sinistra che c’è nel Paese ma che non siamo stati capaci di rappresentare.

 

Caro Walter, questo per noi significa non nascondere la polvere sotto il tappeto. Significa non dire che aver preso un modesto 33% alle politiche, dando a Berlusconi una maggioranza bulgara, rappresenta un buon risultato elettorale. Significa prendere atto che diluire i valori della Sinistra con il moderatismo catto-integralista non rientra nelle aspettative di tanta gente, di tanti compagni che sono disposti a rinnovare il proprio pensiero ma non a venir meno ai valori fondanti di una sana cultura di Sinistra.

 

Di Sinistra, caro Walter. Appunto. Ma tu senti ancora l’emozione, l’orgoglio dell’esser di Sinistra…?

 

Roberto Vallasciani

 

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Sinistra Democratica ha indetto Assemblee in tutte le province italiane coinvolgendo il variegato mondo del popolo della Sinistra che, dopo il negativo risultato  elettorale della Sinistra Arcobaleno, cerca di costruire una forte organizzazione di riferimento. Sinistra Democratica non è e non sarà mai un nuovo piccolo Partito. L’obiettivo, ribadito con forza dal nuovo coordinatore nazionale Claudio Fava, è quello di unire la Sinistra e creare un’alternativa a tutti coloro che hanno difficoltà a rivedersi nel progetto politico del Partito Democratico o che non si riconoscono più nelle tante piccole forze della cosiddetta “Sinistra radicale”. Sappiamo che l’Unità della Sinistra è un obiettivo tanto difficile quanto ambizioso ma è necessario dare voce e dignità ai temi del lavoro, dei diritti civili, dell’ambiente, della pace, dell’uguaglianza.

 

A tal fine è stata indetta un’Assemblea da parte del Coordinamento della Provincia di Fermo di Sinistra Democratica per venerdì 20 giugno alle ore 21,15 presso la Sala Riunioni di Villa Vitali a Fermo.

L’Assemblea è aperta ad iscritti, simpatizzanti, società civile ed attivisti di altre forze politiche della Sinistra che vogliano dare il proprio contributo per il raggiungimento dell’obiettivo prioritario che è la costituzione di una forza politica unitaria della Sinistra italiana.

 

Tutte le Assemblee provinciali sono propedeutiche alla grande Assemblea Nazionale che si terrà il 27-28-29 giugno a Chianciano Terme con la presenza di Claudio Fava.

 

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La data del 14 giugno è passata sotto silenzio. In Italia pochi hanno ricordato l’80° anniversario (80°) della nascita di Ernesto Rafael Guevara De la Serna. Il Che.

Da Rosario, nella sua Argentina, a La Higuera, in quella Bolivia dove trovò la morte, la sua passione per la libertà ha animato un intero continente. Sradicando un asservimento a quell’Amministrazione a stelle e strisce che, quarant’anni dopo, continua ad affannarsi tra dossier fasulli e chimere atomiche.

 

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Articolo di Marzia Bonacci del 10 giugno 2008 da www.aprileonline.info.

 

Il Comitato centrale ha approvato il documento del segretario Diliberto in cui si prospetta l’unità con il Prc. Rientrato il dissenso di Rizzo, si cristallizza quello della Belillo, che non a caso ha presentato un testo alternativo in cui si riafferma la necessità della costituente della sinistra

 

La parola, Comitato centrale, ha un sapore antico, ma è ancora quella utilizzata per indicare l’organo di dirigenza dei comunisti italiani, riunitosi sabato e domenica per affrontare e discutere i documenti che saranno presentati al prossimo congresso. E al cicatrizzarsi di una ferita, ecco che ne rispunta una nuova su questo corpo di partito non proprio sano, non proprio robusto. Così se si ricompone la lontananza manifestatasi nei giorni scorsi tra Marco Rizzo e Oliviero Diliberto, ne sorge allo stesso tempo un’altra, che segna la distanza tra il fronte ricompattato del segretario e dell’eurodeputato e quello che fa capo a Katia Belillo.

Nel Comitato infatti sono stati presentati due documenti su cui si concentrerà la battaglia congressuale: il primo, approvato all’unanimità, che propone l’unità dei comunisti, traduzione per una rifondazione della Rifondazione, in parole ancora più chiare la riunificazione del Pdci con il Prc; e il secondo, presentato proprio dalla Belillo e che ha tra i suoi firmatari anche Umberto Guidoni, astronauta e deputato a Bruxelles, che invece avanza l’idea di riaffermare il valore del partito in relazione alle altre formazioni di sinistra: di fatto il rilancio della costituente con Rifondazione (in particolare l’area bertinottiana, a cui si annovera anche Nichi Vendola) e Sinistra democratica. I Verdi si sa sono un po’ più defilati, per usare un eufemismo, sul tema.

Alla base della scelta di presentare un’altra mozione ci sarebbero valutazioni politiche molto distanti rispetto a quelle del segretario, oltre ad una certa amarezza per come si è svolto il dibattito sulla sconfitta post elettorale. ” Troppi freni e paratie in un momento in cui è accaduto un terremoto politico non hanno senso”, ci spiega la Belillo, aggiungendo anche che “un comunista dovrebbe avere il gusto dell’analisi e del confronto per capire gli errori commessi, invece il dibattito del nostro partito sembra morto, tutto viene messo a tacere, provocando un mutamento della linea politica che, in verità, denuncio da anni”. Dunque non c’è stato un confronto, un’analisi? “No, non è stato un bel Comitato. Mi sarei aspettata una discussione aperta, franca, con la voglia di mettersi in gioco facendo tutti un passo indietro, per ripartire poi tutti alla pari”.

Sulla prospettiva politica, poi, la Belillo si dice convinta del fatto che in verità non esistano posizioni diverse fra Diliberto e Rizzo, come al contrario a lungo si è scritto e detto. “Le linee politiche sono due: quella che vuole rafforzare il Pdci per avviare un grande processo di costituente della sinistra per un partito unico, che è quella avanzata dal mio documento e quella di una unità dei comunisti, intesa come riunificazione di Prc e Pdci, approvata da Rizzo e Diliberto”. Dunque la terza via del segretario? “Non esiste. Non a caso Rizzo ha sostenuto nel Comitato di approvare al 70% il documento del segretario e non ha presentato nessun testo alternativo”. Forse, “quello che non è chiaro è proprio questo: quale sia il posizionamento di Diliberto, quale sia la presunta diversità con Rizzo”, aggiunge.

Resta il fatto che la prospettiva di unificazione tra i due partiti comunisti non la convince affatto: “non ha forza, tanto che la stessa Rifondazione nelle sue due mozioni principali dimostra di non avere la minima intenzione di confluire in un partito unico comunista”. Quindi? “Quindi mi chiedo quale sia l’obiettivo del nostro congresso, secondo il segretario? Mantenere la falcemartello? Ma quelli sono simboli gloriosi che così vengono sviliti e svuotati di significato”, conclude.

 

Diversamente per Pino Sgobio “il documento che abbiamo approvato propone la ricomposizione dei due partiti comunisti presenti in Italia come perno per ricostruire una sinistra che il voto di aprile ha dimostrato non esistere”, perché di fatto “ciò che è rimasto sono proprio questi nostri due partiti”. Quale sia il legame fra unità comunista e unità a sinistra, secondo lui, emerge dallo stesso dato di aprile. “Gli elettori non hanno creduto nella Sinistra arcobaleno perché si dicevano: non sono stati in grado di mettere insieme i comunisti che hanno sostenuto le stesse battaglie e lo stesso governo, figurati se possono mettere insieme la sinistra!”. Inoltre, “le persone, penso per esempio all’Emilia, hanno bisogno del partito, quello con la P maiuscola”. Proprio la mancanza di quest’ultimo, nello specifico quello comunista, è ciò che ha pesato sul voto secondo Sgobio: “molti comunisti hanno votato il Pd perché non avevano una formazione di riferimento, unica e compatta”.

Sulla praticabilità di questa prospettiva unitaria però Sgobio è obiettivo: “Quello che dice Katia, cioè il fatto che nel Prc non c’è sponda per una unità dei comunisti, è vero. Ma il problema non è rincorrere le altre forze politiche, è contrapporsi all’egemonia culturale imperante, creare una forza nel paese che contrasti culturalmente e politicamente al liberismo, al conservatorismo, alle destre dominanti. A questo scopo serve l’unità dei due partiti”.

Sulla lontananza fra segretario e Rizzo, Sgobio afferma che “se c’è stata, ha riguardato più il giudizio sul passato che sul futuro”. Un passato, afferma polemicamente, “che ha visto per esempio molti esponenti della sinistra condurre la campagna elettorale per riproporre il partito unico, tra questi soprattutto Bertinotti, il quale ha parlato del comunismo come una opzione, una tendenza culturale”. “Già -aggiunge- una opzione che non a caso ha spinto molti elettori verso altre opzioni politiche”.

 

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LA FORZA DI PROTESTARE

 

Il Presidente americano Bush è in Italia. Incontrerà le massime cariche politiche e religiose: il Presidente della Repubblica Napolitano, il Presidente del Consiglio Berlusconi e Sua Santità il Papa.

 

George W.Bush è l’uomo più potente al mondo. E’ l’uomo che è riuscito ad inventarsi una guerra che ha causato oltre 700.000 morti (stima per difetto). E’ il Presidente che ha mentito a milioni di suoi connazionali inducendoli a sostenere una guerra pretestuosamente politica per fini cinicamente economici. E’ quel Presidente che i 2/3 dei propri elettori non rivoterebbero e dal quale cerca disperatamente di prendere le distanze il candidato repubblicano alle prossime Presidenziali USA John McCain.

 

Un uomo che dovrebbe difendersi dall’accusa di crimini infamanti e che invece viene accolto con tutti gli onori dalle massime cariche dello Stato. Non solo: nel nostro Paese nessuno ha più la forza di protestare. Ieri in piazza a Roma c’erano poche migliaia di “combattenti e reduci” della Sinistra e del Pacifismo di casa nostra. Gli altri dove erano…? I compagni con cui abbiamo condiviso tante battaglie di giustizia e di verità nel PCI-PdS-DS e che ora hanno aderito al “progetto de Partito Democratico” cosa dicono? Veltroni è barricato in un rumoroso silenzio. Ed i cattolici…? Non tanto quelli di stomaco buono del centro-destra ma i teodem del PD cosa dicono? Si stracciano le vesti perché tante donne osano difendere la legge sull’aborto o sulla fecondazione assistita facendole sentire assassine di embrioni, e davanti a G.W.Bush che ha causato la morte di 700.000 persone in carne ed ossa cosa dicono? Merita quest’uomo la riverenza e le attenzioni di Santa Romana Chiesa? Binetti se ci sei batti un colpo.

 

Ecco: per fare qualcosa di Sinistra basterebbe poco. Molto poco. Riuscire ancora, qualche volta, pacatamente serenamente ad indignarsi. Chiediamo troppo…?

 

Roberto Vallasciani

 

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Claudio Fava, neo coordinatore di Sinistra Democratica, illustra in un breve audio video, senso, obiettivi, caratteri, e ragioni politiche delle settimane di confronto che culmineranno con la prima Assemblea Nazionale di Sinistra Democratica che si terrà a Chianciano dal 27 al 29 giugno 2008.

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IL CONIGLIO SUPERIORE

 

 

Un articolo di Marco Travaglio (da unita.it) in merito all’assoluzione del pubblico ministero Luigi De Magistris.

 

“Innocente. Capito? Innocente. Secondo la Procura di Salerno, che ha ricevuto per tre anni una raffica di denunce da parte dei suoi superiori e di suoi indagati, Luigi de Magistris non ha fatto nulla di illecito. Va archiviato perché s’è comportato sempre correttamente. Mai fughe di notizie, mai passato carte segrete a giornalisti, mai perseguitato né calunniato nessuno, mai abusato del suo ufficio. Semmai erano i suoi superiori a commettere contro di lui i reati che addossavano a lui.

 

«A causa delle sue inchieste – scrivono al gip i pm salernitani Nuzzi e Verasani – il dott. De Magistris ha subito costantemente pressioni, interferenze e iniziative volte a determinarne il definitivo allontanamento dalla sede di Catanzaro e l’esautorazione dei poteri inquirenti». Un complotto che coinvolge magistrati, politici, forze dell’ordine, ispettori ministeriali e forse membri del Csm, tutti allarmati dalla «intensità e incisività delle sue indagini».

 

Complotto andato a segno, se si pensa che i magistrati e i politici indagati da De Magistris, compresi quelli che hanno intercettato cronisti e agenti di polizia giudiziaria per indagare indirettamente sul pm, son rimasti al loro posto o han fatto carriera, mentre De Magistris è stato scippato delle inchieste più scottanti (Poseidone e Why Not),poi trasferito dal Csm con espresso divieto di fare mai più il pm. Uno dei suoi indagati, l’ex magistrato ed ex governatore Fi Chiaravalloti, l’aveva previsto in una telefonata in cui proponeva di affidare lo scomodo pm alle cure della camorra: «De Magistris passerà gli anni suoi a difendersi». Ovviamente Chiaravalloti è rimasto al suo posto di numero due dell’Authority della Privacy. De Magistris invece, se la Cassazione non annullerà la condanna del Csm, dovrà sloggiare da Catanzaro e smettere di fare l’inquirente.

 

In un paese normale, ammesso e non concesso che queste vergogne possano accadere, ci sarebbe la fila sotto casa del magistrato per chiedergli scusa. Ma, nel paese della vergogna, non si scusa nessuno. Resta da vedere se finalmente, ora che le 900 pagine della Procura di Salerno sono depositate, il Consiglio superiore della magistratura si deciderà a fare qualcosa. Non contro De Magistris (ha già fatto abbastanza), ma contro chi «concertò una serie di interventi a suo danno», per infangare «la correttezza formale e sostanziale della sua azione inquirente»; contro quel «contesto giudiziario connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato da interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura»; contro chi l’ha bersagliato con «denunce infondate, strumentali e gravi; contro quegli alti magistrati, di Catanzaro e di Potenza,che spifferavano notizie segrete delle indagini di De Magistris per far ricadere su di lui la colpa delle indiscrezioni. Si dirà: queste cose si scoprono soltanto ora. Eh no: il Csm le sapeva dallo scorso ottobre, quando i pm Nuzzi e Verasani furono ascoltati a Palazzo dei Marescialli e anticiparono le prime conclusioni delle loro inchieste.

 

Anticiparono che le accuse a De Magistris erano frutto di un’abile orchestrazione (mentre le sue indagini erano «corrette e buone, senz’alcuna fuga di notizie»), e che gli unici illeciti, gravissimi, emersi riguardavano proprio i superiori e gli indagati di De Magistris. Fecero pure i nomi dei magistrati di Catanzaro, Matera e Potenza, degli ispettori ministeriali, dei giornalisti, dai politici e dei faccendieri indagati anche a Salerno per corruzione giudiziaria, minacce, calunnie, rivelazioni di segreti ai danni di De Magistris. Denunciarono le interferenze dei suoi capi, Lombardi e Murone, nelle indagini. Rivelazioni agghiaccianti che avrebbero dovuto suggerire l’immediata sospensione dei magistrati coinvolti e l’immediato stop a ogni procedimento disciplinare a carico del pm. La difesa di De Magistris questo chiese: che si attendesse l’esito delle indagini di Salerno. Il Csm non volle sentire ragioni e procedette con la foga di un plotone di esecuzione. Quasi che la sentenza di condanna fosse già scritta.

 

Per fortuna, contrariamente alla macabra profezia di Chiaravalloti, De Magistris ha finito di difendersi, e ora si spera che qualcun altro prenda il suo posto. C’è un giudice a Berlino. Anzi, a Salerno.

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LA RICETTA GRECA

 

Un leader carismatico di 34 anni. Una politica tra gli studenti e fra i poveri. Nelle intenzioni di voto l’ex piccolo partito che riempie le piazze è al 15% e impensierisce conservatori e socialisti che si alternano al governo per decenni.

 

Atene. A due passi dalla Pnice, il colle dove si radunò la prima assemblea democratica della storia occidentale e dietro il Ceramico, dove Pericle fece il più famoso discorso in difesa di una forma di governo basata sulla partecipazione e sul voto della maggioranza, detta appunto “democrazia”, c’è una piazza moderna che si chiama Eleftherias, ossia piazza della Libertà. E’ qui che si affaccia il grande palazzo dove ha sede il Synaspismos, la Coalizione della sinistra Radicale, un piccolo partito fino a pochi mesi fa, che ora vola nei sondaggi, insieme con la più forte novità della politica Greca degli ultimi anni: il suo giovanissimo Leader, Alexis Tsipras, 34 anni a Luglio. All’ ingresso scatoloni di opuscoli e manifesti evocano epoche lontane. In un angolo, invece, un piccolo ascensore porta ai piani dove si è installata una delle classi dirigenti più giovani d’ Europa.

 

Dimitra Alevizou, quarantenne massmediologa che ha studiato a Bologna, saluta in perfetto italiano, a bassa voce, come si fa con un malato da non disturbare: “come vanno le cose da voi?”. C’è sincera preoccupazione, in Grecia. I saluti romani in Campidoglio sono comparsi sulle prime pagine di tutti i giornali, compresi quelli  più conservatori, accompagnati da un coro di sdegno. “Bisogna reagire” dice Andrea Karitsi, 33 anni, portavoce del partito “ma non ci sono ricette. quello che noi possiamo portare è la nostra esperienza. non usare un linguaggio complicato, poco comprensibile. E credere nelle proprie idee, esprimerle ad alta voce, senza tentennamenti, nonostante possano apparire troppo radicali. Penso sia questo il motivo che ha portato il Partito a salire fino al 15% nelle intenzioni di voto”.

Dati che lasciano sbalorditi. La Coalizione di Sinistra Radicale, alle scorse elezioni di Settembre, aveva raggiunto un risultato storico, superando il 5% dei consensi. Ma, da quando, a Febbraio, Alexis Tsipras è diventato presidente, la forza del Synaspismos sembra inarrestabile. Mentre in Italia si discuteva se, come leader della Sinistra Arcobaleno, Nichi Vendola, 50 anni, potesse essere davvero maturo, la Grecia aveva voltato pagina. “Ma non sono io a rappresentare un esempio” dice Tsipras, aprendosi in un  sorriso. “Noi possiamo essere un modello. tutti noi. un modello del fare politica in maniera collettiva. Presenza e azione sul territorio, nuova comunicazione e un forte conflitto contro i grandi processi del neoliberismo”.

“Ciao Alexis” gli dicono per le scale, ragazzi, segretari e collaboratori, metre lui sale spedito verso la sua stanza. E’ diventato un caso politico nel 2006: si presentò candidato sindaco ad Atene e raccolse quasi l’ 11% dei voti con la lista Anichtì Pòli, Città aperta. Adesso è un bersaglio, soprattutto di coloro che lo temono. Chi lo considera troppo nuovo e quindi sostiene che sia solo un bel ragazzo privo di idee, capace di piacere in televisione. E chi lo considera troppo vecchio e punta il dito contro Alavanos, l’ “anziano leader “ (in realtà solo cinquattottenne), che lo muoverebbe come un burattino. Tsispras non si scompone: “La mia è chiamata generazione 600 Euro. Si vive nelle case dei genitori, la precarietà è la regola e il futuro non sembra roseo. Io non porto avanti una strategia personale, sono l’ espessione della società all’ interno del mio partito. Poi, è vero che viviamo in un era televisiva, ma se non ci sono contenuti e idee, i fenomeni sono destinati a finire in fretta”.

Silvio Berlusconi, intanto, è al suo quarto governo… “Devo confessare che non vorrei essere al vostro posto. Noi abbiamo sempre guardato all’Italia come a un laboratorio, sia in tempi buoni che in tempi come questo, in cui il vostro Paese sembra stia diventando proprietà privata di Silvio Berlusconi. Penso che quanto accade da voi mostri chiaramente dove una democrazia televisiva possa arrivare: il punto in cui comincia a decostruire una società, creando infinite paure, deprivando un popolo del suo passato pieno di esperienze e lasciando brillare un futuro che somiglia a uno di quei film di gangster americani”.

In Grecia si respira un clima diverso? “Qui ci troviamo a far fronte allo strapotere di due partiti (il partito conservatore e quello socialista, Nuova Democrazia e Pasok, hanno governato alternativamente il Paese dall’ avvento della democrazia), che sono quasi identici. Abbiamo assistito negli ultimi vent’anni al trionfo liberista: la perdita delle conquiste sociali, la deificazione della competizione, una politica che ha prodotto povertà e repressione e che ora viene messa in discussione dall’ interno. Il Fondo Monetario Intenazionale e un’istituzione come l’Economist avvertono dei pericoli incombenti e spingono verso un nuovo tipo di presenza della stato. Ovviamente noi siamo diversi da loro, ma l’ egemonia del mercato è perdente”.

Non esita, Tsipras, se gli si domanda quali siano i punti fermi da tenere per il futuro. “Dobbiamo combattere la privatizzazione di alcuni beni che sono e devono restare pubblici. Le telecomunicazioni, l’ energia, porti e aeroporti, l’ educazione. la sanità, le pensioni. E dobbiamo riportare in vita in quegli ambiti che, siccome non possono essere venduti ai privati, sono stati abbandonati. Pensate ai corpi forestali, la difesa del territorio dagli incendi. L’ anno scorso ne abbiamo avuto un esempio con mezza Grecia in fiamme. Non è che ora siamo preparati per la prossima estate….”.

Eppure per il problema per Synaspismos rischia di essere lo stesso della Sinistra Radicale Italiana. Governerebbe insieme al Pasok, se fosse decisivo, come i sondaggi sembrano prevedere? “Per ora, posso solo dire che governare significa dare concrete soluzioni politiche a concreti problemi sociali. Al momento, la nostra forza sta nel costringere gli altri partiti a rimettere ordine nei loro programmi. Anche il Partito Comunista, chiuso in se stesso, con il suo bottino dell’ 8% di voti. Faccio un esempio. Quando è cominciata la grande mobilitazione degli studenti contro la privatizzazione delle Università, tutti erano contro i ragazzi, tranne noi. Ci accusavano di essere violenti fuorilegge, anarchici, incapaci di una vita parlamentare. Poi gli studenti hanno vinto, la riforma è stata cancellata e la verità è venuta a galla. Un’ importante lezione per la società greca. Se si abbandonano i salotti e si spegne la tv e si va giù in strada, è possibile scoprire grandi cose”.

 

Matteo Nucci “Venerdì di Repubblica”

 

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Cari compagni, cari lettori,

 

dal 6 giugno il manifesto cambia radicalmente volto. Non si tratta “solo” di un restyling grafico – che pure c’è, a partire dalla prima pagina in cui viene introdotto l’uso del colore. Sarà un cambiamento editoriale profondo che si propone – alla luce del terremoto politico-culturale che ha travolto la sinistra e che è culminato nelle ultime elezioni politiche – di aggiornare il modo di fare informazione quotidiana per un giornale “di parte” come il nostro, ma che vuol parlare a tutti. Questo si tradurrà nella necessità di dare più spazio alla ricerca dei processi sociali che hanno cambiato il panorama mondiale dell’ultimo ventennio e che hanno prodotto le trasformazioni politiche cui assistiamo. Il manifesto continuerà a essere una voce indipendente e libera, per affrontare in maniera più radicale la sconfitta stori! ca cui è andata incontro una sinistra che oggi è tutta da costruire. Dopo lo shock elettorale del 13 aprile, questa nuova edizione del manifesto, si propone d’essere uno strumento di battaglia politica, ricerca giornalistica e ricostruzione culturale. Sperando di venire incontro all’interesse dei tanti che in questi anni ci hanno letto e sostenuto, vi segnaliamo questa nostra nuova scommessa.

 

Dal 6 giugno un giornale diverso da tutti gli altri. Una voce indipendente per scoprire la realtà. Una scelta di libertà per immaginare il futuro. Una possibilità, aperta a tutti, per dimostrare che la sinistra non esiste solo sulla carta. Questa volta “dalla parte della ragione”.

 

Un caro saluto

 

il presidente della cooperativa Valentino Parlato

i direttori del quotidiano Mariuccia Ciotta e Gabriele Polo

 

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Il nuovo dominio http://www.noidisinistra.org è finalmente attivo. Per tanto, tutti coloro che ci hanno letto e seguito prima e dopo il 13 e 14 aprile sappiano che questo nuovo indirizzo sostituisce quello aperto in occasione della campagna elettorale da Roberto Vallasciani (www.vallasciani.it).

Visto il forte interesse mostrato da tanti visitatori, abbiamo deciso di dare continuità a questa esperienza lasciando a disposizione di tutti uno spazio di democrazia e di libertà. Per cercare, nel nostro piccolo, di ricostruire ‘a sinistra’

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