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Archive for febbraio 2009

L’AFFARE NUCLEARE

nucleare
di Valerio Calzolaio

Durante l’ultimo vertice europeo dedicato alla crisi economica, i teleoperatori non si sono lasciati sfuggire gli sguardi di complice sopportazione che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si sono scambiati quando Berlusconi ha spiegato che l’Italia starebbe meglio degli altri.

Le loro riprese sono state poi selezionate dai telegiornali italiani, restii a mostrare un presidente del consiglio che continua a coprirsi di ridicolo. E, poi, gli affari sono affari, conta la ciccia non le moine. E il presidente francese era in procinto di firmare un buon affare con l’Italia, inutile sottilizzare. Gli affari riguardano il nucleare. Finalmente i francesi hanno trovato un acquirente delle loro esperienze, tecnologie, politiche; si apre loro un mercato chiuso quasi ovunque; hanno scritto loro merito e tempistica. Il gioco è fatto. Per ora.

Il vertice italo-francese di Roma prevede quattro nuove centrali nucleari, costruite insieme tutte in territorio italiano, aprendo il mercato italiano dell’energia atomica (chiuso per espressa volontà popolare da oltre venti anni) ai grandi players francesi. La Francia esporta in Italia la propria tecnologia nucleare e accetta che gli italiani partecipino alle future eventuali (incerte e precarie) esportazioni della tecnologia francese.

A Roma si decide di costruire in Italia centrali della cosiddetta terza generazione di nucleare (costosa, pericolosa, idrovora, militarizzata, senza soluzioni per le scorie). Stop. Il balbettio del PD sul fatto che non sarebbe giusto già dire no a quelle di quarta generazione viene zittito per quello che è, ipocrita ed incompetente. La produzione di quarta generazione non esiste, alla ricerca in tal senso tutti abbiamo detto sempre si, ENEL e governo hanno parlato sempre e comunque di terza generazione per l’Italia che governano (loro) oggi.

A Roma si decide che, se tutto va bene, il primo chilowattora nucleare servirà alla domanda di energia elettrica (non solo) degli italiani dopo il 2020, allora sarà eventualmente forse pronta solo la prima delle quattro centrali, le altre dopo. E noi, in base agli accordi europei, dovremo ridurre entro il 2020, le emissioni di gas serra, dunque molto prima che eventualmente forse il nucleare possa sostituire fonti che li emettono. Doppio danno dunque: la priorità data al nucleare taglia le gambe alle fonti rinnovabili e non aiuta alla svolta energetica decisa dall’Europa, per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici.

Ovviamente bisogna mobilitarsi subito e bene, con militanza diffusa e scientifica. Moltiplichiamo le iniziative dei movimenti, la documentazione istituzionale, i pronunciamenti del mondo della ricerca e dell’università. L’accordo ancora non ha il via libera parlamentare, già sarebbe qualcosa che il pd passasse dall’astensione al voto contrario. Nessuno ha finora descritto come si scelgono i siti e in Italia un sito idoneo (distante da centri abitati, difendibile come Fort Knox) non è facilmente individuabile.

Per altro si parla di nuove centrali nei siti vecchi e la Regione Emilia Romagna ha già dichiarato (a dicembre, su iniziativa di Sinistra Democratica) la propria indisponibilità. Vedremo quali regioni, province, comuni si faranno avanti per ospitare la prima pietra della prima centrale nucleare. Vedremo. Intanto diciamo no, spieghiamo l’errore che stanno facendo. E mobilitiamoci con spirito unitario e antica determinazione!

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UN OBIETTIVO CHIARO

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di Moni Ovadia

Il tracollo del Pd alle elezioni sarde è un argomento dal quale avrei voluto volentieri esimermi di parlare perché per affrontarlo mi tocca essere perentorio e schematico, attitudine che per formazione mi mette in serio imbarazzo, ma oggi sento il dovere, come cittadino di questo Paese, di fare una riflessione semplice e ferma per dare un contributo pur piccolo che sia al fine di uscire dal pantano in cui l ‘intera opposizione rischia di precipitare.

Ho creduto con sincera partecipazione che il Pd fosse un progetto dotato della potenzialità per inaugurare una nuova era nella politica italiana e ne ho preso le distanze non perché volessi abbandonare la barca quando cominciava a fare acqua, ma per non essere complice di una deriva avviata a monte dell‘agire politico. Il comportamento ondivago e fondato sulla “ideologia” dell’essere gentili e dialoganti.

Con chi? Con il politico più estremista, autoreferenziale, intollerante, demagogo e calunniatore di tutta la storia repubblicana. Con lui e con il movimento di suoi cortigiani, dipendenti e clientes che chiamano “Partito delle libertà”.

Quali? Quella di distruggere la Costituzione? Quella di varare leggi razziste? O quella di negare il ruolo dell‘opposizione chiedendole di approvare lo scempio? Quando governava Prodi loro cosa facevano? Quello che suggeriscono agli altri? Col cavolo! Facevano i picconatori e i demolitori.

Prendiamo esempio. “Etologicamente” parlando, il sentimento primario nei confronti del berlusconismo è: o entusiasmo o ripulsa totale. Le posizioni terze sono di marginalità nel paese, soprattutto nell‘elettorato popolare. C‘è un solo modo per rimettere in moto l ‘energia e il tono dell‘opposizione: avere un obiettivo chiaro, fare uscire l‘Italia dall‘orgia del potere della palude berlusconiana e mettersi al lavoro per tutto il tempo necessario a conseguire la meta.

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di Marco Cedolin

Le dimissioni di Walter Veltroni che dopo 16 mesi abbandona la guida del PD, all’indomani della cocente sconfitta nelle elezioni regionali in Sardegna, rappresentano per molti versi il terminale inevitabile di una pessima operazione di “marketing politico”, iniziata con l’ormai famoso discorso d’investitura tenuto al Lingotto di Torino e naufragata mese dopo mese, elezione dopo elezione, fino ai disastrosi risultati che sono ormai sotto agli occhi di tutti.

Il totale sfascio di un progetto politico come quello del PD si presta naturalmente a molte chiavi di lettura e per forza di cose non può essere attribuito unicamente alla leadership di Veltroni, così come alla notoria propensione ad accapigliarsi fra loro manifestata dalle molteplici correnti del partito. Senza dubbio Veltroni non ha mai dato l’impressione di avere il carisma e l’autorità necessaria per guidare una formazione politica scarsamente omogenea e perennemente in balia delle lotte di potere, ma l’intera “operazione PD” è parsa fin da subito una scommessa persa, nata con tutta probabilità proprio al fine di creare i presupposti della sconfitta.

Il PD fin dal momento delle primarie farsa, create per eleggere un segretario già eletto da tempo, è sempre stato un partito ombra. Un partito impegnato a scimmiottare ora Berlusconi, ora il modello americano, totalmente incapace di assumere delle posizioni politiche alternative rispetto a quelle del proprio avversario. Un partito con la velleità di essere vicino ai lavoratori, ma anche a Confindustria, amico dell’ambiente ma anche dei cementificatori, difensore dei giudici ma anche di chi attacca i giudici, preoccupato per gli italiani che non arrivano a fine mese ma anche per gli interessi di chi costruisce profitto sulle loro spalle, favorevole alla pace ma anche alle missioni di guerra.

Tutto ed il contrario di tutto, all’interno di un minestrone proposto sulle note orecchiabili di “Yes we can” e totalmente privo di contenuti, appiattito sugli intoccabili dogmi del neoliberismo, arrancando sul terreno di Berlusconi per ritrovarsi, come un’ombra, sempre un metro indietro rispetto al proprio avversario.

Dopo le elezioni e la sconfitta elettorale il PD ha continuato la propria parabola discendente anche all’interno del Parlamento, manifestandosi completamente incapace di abbozzare una qualche forma di opposizione e finendo per calarsi ogni giorno di più nel ruolo di partito ombra della maggioranza, funzionale a validare le scelte, spesso scellerate, portate avanti dall’esecutivo. Mai durante quasi un anno il partito di Veltroni è stato pervaso da un qualche moto di orgoglio, mai è riuscito a trovare argomenti per contrastare l’azione del governo che prescindessero dalla sterile diatriba di facciata, mai ha tentato di farsi interprete del profondo malessere che attraversa larga parte dell’opinione pubblica.

Perfino Antonio Di Pietro, la posizione del cui partito è da sempre allineata con gli interessi dei poteri forti, grazie all’ombra esercitata dal PD, ha trovato il modo di emergere in parlamento come l’unico partito di opposizione, dal momento che anche qualche svogliato mugugno finisce per sembrare un urlo qualora proferito nel silenzio più assoluto. Proprio il silenzio, carico di condiscendenza, e l’incapacità di fare opposizione nei confronti di un governo con il quale condivide larga parte del proprio programma, hanno determinato la continua emorragia di consensi che ha portato il PD alle dimissioni del suo segretario pochi mesi prima dell’appuntamento con le elezioni europee ed amministrative.

Elezioni che con tutta probabilità vedranno il consenso del PD in caduta libera, dimostrando il totale fallimento di un’operazione di marketing politico che ha generato una “creatura” incapace sia di governare che di fare opposizione e pertanto assolutamente priva di qualsiasi utilità. Berlusconi naturalmente ringrazia e dopo il successo regalatogli da Romano Prodi si appresta a raccogliere anche l’omaggio di Walter, a vincere facile dopo un po’ ci si prende gusto.

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di Carlo Leoni (Coordinamento nazionale di Sd)

Giovedì scorso il PD ha tenuto una manifestazione a Roma in difesa della Costituzione e del Presidente della Repubblica e numerosi suoi dirigenti hanno speso parole allarmate e di forte preoccupazione per i tentativi del capo del governo di forzare pesantemente le regole costituzionali. Si tratta di un allarme più che giustificato e della sacrosanta denuncia di un disegno(in atto in realtà da diversi anni) populista e autoritario assai pericoloso.

Mi chiedo tuttavia se i dirigenti del PD sono loro per primi convinti dell’allarme che lanciano, perché noto una clamorosa sfasatura tra parole e fatti, tra la denuncia e i comportamenti concreti.

Se è in pericolo la Costituzione repubblicana, non si convoca un appuntamento di partito ma una grande manifestazione unitaria di tutte le forze democratiche. Se si pensa che il Presidente del Consiglio abbia utilizzato strumentalmente il dramma di Eluana Englaro per operare una torsione accentratrice contro il Parlamento e contro il Quirinale, allora non si regala al governo una procedura parlamentare di urgenza e la “libertà di coscienza” su un disegno di legge oscurantista e liberticida. Questo ha fatto non solo il PD ma anche l’Italia dei Valori, e si è trattato di decisioni molto negative.

Se l’Italia è governata da un Presidente del Consiglio che ha in programma un disegno tanto grave, non ci si astiene in Parlamento sul federalismo né si festeggia la cinica convergenza sullo sbarramento alle Europee ancora una volta contro la sinistra, e soprattutto non ci si appresta al dialogo attorno a riforme della giustizia che, al pari delle normative razziste sulla immigrazione, non sono altra cosa ma un pezzo importante di quei propositi autoritari.

Questa differenza tra denuncia e comportamenti reali ci fa venire il sospetto che l’allarme a difesa della Costituzione consista in verità in una operazione elettorale, e quindi strumentale. Esagero? Dalle riprese televisive ho visto che a Piazza Santi Apostoli circolavano cartelli con su scritto “io difendo la Costituzione – Io voto PD”. La prova del nove sarà, a mio avviso, la qualità dell’atteggiamento politico e parlamentare del PD di fronte alle proposte governative sulla giustizia.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha bocciato senza appello le proposte dell’esecutivo in materia di intercettazioni telefoniche denunciando il fatto che invece di colpire le violazioni del diritto alla privacy colpiscono pesantemente lo strumento delle intercettazioni telefoniche e ambientali in sé, un mezzo indispensabile per contrastare la criminalità di ogni tipo.

I cavilli e le norme del disegno di legge del Governo renderanno sostanzialmente inutilizzabili le intercettazioni per la maggior parte dei reati comuni. Una normativa criminogena che merita la più energica delle battaglie di opposizione.

Ancor più grave è il disegno di legge del Governo di riforma della giustizia, votato dal Consiglio dei Ministri nei giorni drammatici del caso “Englaro” e quindi fino ad oggi, passato sotto silenzio. In questo disegno di legge c’è ovviamente l’ennesima norma “salva premier”, che rende non utilizzabili tranne che per i reati di mafia e terrorismo come elementi di prova le sentenze passate in giudicato in procedimenti diversi. Vale a dire che l’eventuale condanna dell’avvocato Mills non sarà utilizzabile nel distinto processo a Berlusconi per gli stessi fatti.

Ma oltre a questo ci sono norme più strutturali e di sistema come le misure che puntano ad ampliare i poteri di indagine della polizia giudiziaria a scapito dei pubblici ministeri.

Si tratta di un modo surrettizio per garantire, senza toccare la Costituzione, un intervento della politica volto a comprimere l’autonomia della funzione giudiziaria giacché le forze di polizia, a differenza dei pubblici ministeri, dipendono dall’esecutivo.

Se tutto questo è vero, e se esiste un pericolo reale per la nostra Costituzione, di fronte a misure tanto gravi sulla giustizia, il PD e IdV, per essere coerenti, hanno di fronte una sola scelta: l’ostruzionismo in Parlamento. Non si può gridare al regime e poi “dialogare” con chi a quel regime sta lavorando.

www.sinistra-democratica.it

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IL RAZZISMO DEGLI ALTRI

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di Claudio Sabelli Fioretti

Volete sapere che cosa è il razzismo, senza tante chiacchiere? Razzismo è quando un italiano violenta un’italiana, come è successo a Roma a capodanno, e nessun pirla di estrema destra va a fare casino. Mentre quando a stuprare è uno straniero, come è successo a Guidonia non molto tempo fa, partono i raid punitivi. A Guidonia, dove a violentare sono stati alcuni romeni, si sono subito messi all’opera i giovani vendicatori che hanno picchiato in un bar degli albanesi. Ma la cosa singolare è la reazione di uno dei “puniti”, l’albanese Artan Ndoi. Ha detto Ndoi, dichiarato guaribile in dieci giorni, preso da una specie di Sindrome di Stoccolma applicata alle spedizioni punitive: “capisco la loro rabbia. Se fosse capitato nel mio paese io avrei fatto la stessa cosa. Però hanno sbagliato perchè sono i romeni quelli da picchiare“.  Ecco cosa succede quando un razzista picchia un razzista.

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LA SINISTRA NEL FERMANO

Riunione de “La Sinistra” venerdì 30 gennaio a Montegranaro alla quale hanno partecipato numerosi esponenti politici locali della Sinistra fermana e simpatizzanti. A seguito di un lungo e articolato dibattito per le iniziative da intraprendere in vista delle elezioni provinciali ed europee si è costituito il Coordinamento Provinciale provvisorio de “La Sinistra”.

Questo gruppo, così come deciso all’unanimità, avrà compiti di organizzazione e dovrà fare da collante alle varie iniziative promosse dai circoli che già esistono e quelli che si andranno a costituire sul territorio fermano. Il coordinamento ha lo scopo di pubblicizzare le attività politiche della Sinistra fermana, indire convegni e dibattiti sulle questioni importanti della politica, promuovere il diritto d’uguaglianza e di pari opportunità, promuovere iniziative contro la precarietà, favorire iniziative rivolte all’ ambiente e alla legalità, per l’unità della Sinistra, per costruire un nuovo soggetto della Sinistra capace di rappresentare il cittadino e il mondo del lavoro e promuovere iniziative di appoggio alla Costituente della Sinistra.

Questi gli obbiettivi primari del Coordinamento Provinciale che dovrà lavorare per garantire il perfetto funzionamento di una politica seria e di sinistra. Il Coordinamento oltre ad essere un punto d’incontro per discutere delle varie ed importanti questioni politiche, è un mezzo per iniziative popolari che tendono alla modernizzazione della Sinistra stessa se vogliamo che diventi un soggetto politico unitario.

Componenti del Coordinamento sono: Luigi Silenzi, Lello Saggese, Lucia Interlenghi, Claudio Speranzini, Francesco Luciani, Laura Stopponi, Giuseppe Viozzi, Francesco Trasatti.

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